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Basilicata

Storia e arte

Preistoria
Nella regione esistono numerosi rinvenimenti preistorici che attestano la presenza dell'uomo fin dal Paleolitico inferiore, in particolare a Irsina e nel bacino pleistocenico di Venosa.
Al Mesolitico appartengono alcune pitture rupestri scoperte in località Toppa li Sassi (Filiano). La civiltà neolitica è rappresentata da resti di abitati e sepolture in varie località presso Matera; dai rinvenimenti di Serra d'Alto prende nome un noto tipo di ceramica neolitica dipinta.
Alla fase finale dell'Età del Bronzo appartiene la necropoli a incinerazione di Timmari. Altri resti di necropoli appartengono all'avanzata Età del Ferro. Particolarmente interessanti sono le tombe scavate a Lavello, in contrada Casino, che mostrano l'esistenza, nel VII secolo a. C. di un'aristocrazia locale, dominata da capi guerrieri.

Storia
La Basilicata (il cui nome probabilmente deriva da basilikós, funzionario bizantino), era originariamente abitata dagli Enotri e fu poi colonizzata dai Greci nelle zone costiere (VIII-VI secolo a. C.) e in seguito occupata dai Lucani (V secolo a. C.).
Successivamente travagliata da lunghe lotte con Sibari, Crotone (IV secolo a. C.) e Taranto (III secolo a. C) fu alleata di Pirro e Annibale durante la II guerra punica, pur di sottrarsi al predominio dei Romani, ma venne infine conquistata da questi ultimi che più tardi la incorporarono insieme al Bruzio nella III regione augustea.

All'inizio del Medioevo, dopo le invasioni di Visigoti, Goti e Ostrogoti, la regione fu per molto tempo contesa tra i Bizantini occupanti la fascia costiera e i Longobardi attestati all'interno. Nell'847 entrò a far parte del principato autonomo di Salerno, nato dalla divisione del ducato longobardo di Benevento, mentre alcuni territori rimanevano ai Greci o venivano congiunti alla Puglia. Occupata quindi dai Normanni (seconda metà dell'XI secolo), subì un grave processo di frazionamento a cui venne posto termine solo intorno al 1130. La regione, comunque, non comprese più tutti i territori dell'antica Lucania, ma solo quelli dell'odierna Basilicata. Le autonomie locali furono relativamente rispettate e le condizioni economiche migliorarono notevolmente malgrado le frequenti lotte intestine e i saccheggi di campagne e città. In quel periodo la zona di Vulture e i castelli di Melfi e di Lagopesole costituirono la residenza estiva di sovrani e nella stessa Melfi, Federico II promulgò, nel 1231, le sue Constitutiones melfitanae.

Si succedettero quindi nel governo Svevi, Angioini e Aragonesi e il loro dominio fu essenzialmente caratterizzato da faide e contrasti tra popolo e signori da un lato e potenti locali e governo centrale dall'altro: fu infatti dalla Basilicata che ebbe inizio la vasta ribellione continentale che durante la guerra del Vespro vide un folto gruppo di feudatari ghibellini arroccarsi a strenua difesa nel Lagonegrese, mentre Ruggero di Lauria teneva in scacco l'avversaria flotta francese. E fu ancora in Basilicata, del resto, che alla morte di Alfonso V il Magnanimo (1458) nacque e s'accrebbe la famosa congiura dei baroni, che tanto gravemente e a lungo mise a repentaglio il governo centrale aragonese.
Il successivo dominio spagnolo, invece, portò un insperato e lungo periodo di calma, turbato soltanto dalle prevedibili ripercussioni del moto masanelliano (1647-48).

Nel XVIII secolo anche la Basilicata non rimase esclusa dal generale moto di rinnovamento culturale e politico: come Mario Pagano e il vescovo giansenista Andrea Serrao testimoniarono con il loro sacrificio al tempo della reazione sanfedista (1799) e come ribadirono le rivolte “democratiche” che in quegli anni si succedettero dappertutto.
Occupata quindi dalle armi francesi dal 1806 al 1815, dopo la restaurazione borbonica la regione fu fiorentissimo centro di numerose società segrete la cui azione fu ferocemente combattuta con ogni mezzo. Nel 1848, così, la concessione dello statuto cadde in mezzo a una classe politica impreparata ad accoglierlo e ugualmente avvenne nel 1860 con la spedizione di Garibaldi. Il passaggio al nuovo ordine politico amministrativo del Regno d'Italia non migliorò di molto la situazione; si ebbe anzi il divampare del doloroso fenomeno del brigantaggio, che mise in luce ancora una volta i violenti contrasti sociali che travagliavano quei luoghi e che non poterono certo essere eliminati dalla dura repressione del tempo.
Nel secondo dopoguerra, nuovi tentativi di risollevare l'economia della regione, attuati con la riforma fondiaria e gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, non hanno però corrisposto alle aspettative.

Prima della conquista normanna, e in parte anche nel periodo immediatamente successivo, è diffusa in Basilicata l'architettura bizantina nei suoi diversi tipi.
Sotto i Normanni e gli Svevi la regione conobbe un periodo di grande splendore artistico. I Normanni vi introdussero l'architettura francese cluniacense: il maggiore esempio è rappresentato dalla grandiosa, incompiuta chiesa nuova dell'abbazia della Trinità a Venosa (secoli XI-XII). Insieme a queste forme di diretta derivazione francese ve ne sono altre legate a esempi orientali, come la chiesa di S. Lucia di Rapolla, mentre influenze sicule e campane sono riconoscibili nel campanile della cattedrale di Melfi (l'antica capitale dei Normanni), del 1153.
Al Maestro Sarolo di Muro Lucano va ascritto invece un gruppo di chiese con caratteri locali originali, a pianta basilicale absidata con pilastri quadrangolari (S. Maria di Pierno, del 1189-97; S. Michele di Potenza). Non mancano peraltro gli influssi del romanico pugliese, particolarmente sensibili alla fine del XII secolo in portali, campanili, finestre, e nel XIII secolo in interi organismi architettonici (come la cattedrale di Rapolla o il duomo di Matera del 1268-70).

Nella prima metà del Duecento Federico II fece costruire (o ricostruire) numerosi castelli, tra cui è importante quello di Lagopesole. La chiesa di S. Giovanni Battista di Matera (1204) sviluppa motivi del gotico borgognone, ma l'architettura gotica nel suo complesso è scarsa nella regione.
Con l'arrivo degli Angioini il centro si sposta a Napoli e per la Basilicata inizia un lungo periodo di isolamento e di decadenza. Le forme gotiche locali sopravvivono fino al Cinquecento, quando si manifesta timidamente il Rinascimento.
Notevole è invece l'architettura barocca, soprattutto religiosa, sia nel Seicento sia nel Settecento.

 

Popolazione e economia

La Basilicata si caratterizza per una situazione di stagnazione demografica, la più debole del Mezzogiorno ove si escludano Abruzzo e Molise, con una perdurante tendenza alla divaricazione fra centri con popolazione superiore ai 5000 abitanti, che manifestano una maggiore vitalità e talora una sensibile crescita, e centri minori, che subiscono un ulteriore spopolamento.

L’andamento della componente migratoria negli anni Novanta ha registrato, un aumento delle cancellazioni sia per altri comuni sia per l’estero. La presenza stabile di stranieri è risultata in aumento, anche se la regione continua a ospitare una percentuale decisamente bassa rispetto al totale degli stranieri in Italia. Nonostante questi elementi di fragilità, cui si aggiunge l’invecchiamento della popolazione, specie nelle aree più interne e marginali, è possibile cogliere anche sintomi positivi di una nuova organizzazione territoriale, fondata sul consolidamento dell’armatura urbana.

La Basilicata, svantaggiata dalla propria costituzione morfologica ed emarginata per lungo tempo dagli investimenti, è una delle regioni più povere del Paese: a un reddito pro capite fra i minori corrisponde infatti anche la minima produttività del lavoro, mentre mantengono una certa importanza rimesse degli emigrati e flussi di risorse esterni, principalmente di origine pubblica.
Il settore agricolo costituisce ancora parte di rilievo dell'economia regionale: la produzione non può però basarsi su colture di pregio, dati i condizionamenti esercitati dalla montuosità del territorio, dalla sua scarsa fertilità e dall'irregolarità delle precipitazioni. Le colture più estese sono quelle del frumento, seguito da altri cereali che in buona parte costituiscono materia prima per l'industria alimentare lucana (avena, orzo, mais), e delle patate; abbastanza diffusi sono la vite (soprattutto uva da vino), l'olivo, presente nelle aree collinari e gli agrumi, nelle piane ioniche; un certo incremento hanno registrato alcune colture industriali, in particolare la barbabietola da zucchero (che ha superato per estensione la tradizionale coltura della patata) e il tabacco e quelle ortofrutticole.
Il bosco, dopo decenni di intenso diboscamento, ultimamente ha iniziato a espandersi, anche in funzione produttiva sebbene al di fuori di una precisa strategia di valorizzazione.
Il settore primario, in ogni caso, dopo una fase di relativa modernizzazione, sembra avere raggiunto i propri limiti strutturali, in assenza di una efficiente rete di distribuzione commerciale e di promozione: ciò, in un quadro di forte concorrenza interregionale, ha di fatto ostacolato la creazione di nuove filiere produttive, relegando in ruoli marginali le stesse colture di qualità.

Le risorse del sottosuolo rappresentano invece ottime prospettive per lo sviluppo economico della regione, a seguito del ritrovamento di giacimenti petroliferi nella Val d'Agri: con l’accordo siglato nel 1998 da governo, Regione ed ENI, la Basilicata, in cambio delle concessioni per lo sfruttamento di questa importante materia prima, ha ottenuto rilevanti benefici economici ed occupazionali, oltre all’impegno da parte dello Stato di effettuare interventi infrastrutturali per accelerare lo sviluppo socio-economico della zona e di garantire la riqualificazione ambientale, con la salvaguardia del parco naturale che dovrà sorgere nella Val d’Agri.

Scarsamente sviluppata è l'industria. L'attività industriale prevalente è quella delle costruzioni edilizie: essa, tuttavia, non è riuscita a innescare processi autonomi di industrializzazione. Limitato è anche il ruolo dell'industria di trasformazione. Positiva è invece la localizzazione di industrie alimentari “esogene” (pastarie, lattiere, dolciarie), in particolare a Matera e nel Melfese.

Risorsa scarsamente valorizzata è rappresentata dal patrimonio ambientale, sia naturalistico sia storico-culturale; la Basilicata potrebbe invece fungere da grande “parco”, nel cuore del Mezzogiorno continentale, con la valorizzazione delle attività eco-compatibili, nel quadro di un positivo equilibrio fra pianificazione conservativa e sviluppo sostenibile: da questo punto di vista, e per confronto con la moltiplicazione delle aree sottoposte a protezione nelle altre regioni, anche meridionali, la sola presenza del Parco Nazionale del Pollino, diviso con la Calabria, e del Parco archeologico, storico e naturale delle chiese rupestri del Materano appare insufficiente, lasciando vuoto il corpo centrale del territorio, ovvero proprio quella parte di cui un turismo ambientale mirato, e sostenuto da adeguate infrastrutture, potrebbe rivitalizzare il tessuto socio-economico

 

Confini e territorio

Se si esclude la stretta pianura costiera affacciata al golfo di Taranto, la regione è interamente montuosa con rilievi superiori anche ai 2000 m (il massiccio del Pollino raggiunge i 2248 m). La Fossa Bradanica separa nettamente le Murge dai rilievi ben più elevati e poderosi dell'Appennino Lucano, che interessano gran parte della regione, dal massiccio del Vulture (1326 m) al gruppo del Pollino. Manca una catena assiale e la Basilicata risulta frammentata in una serie complessa di gruppi montuosi con altitudini e orientamenti molto differenti, dovuta in buona parte alle caratteristiche stratigrafiche.

I fiumi principali sono il Bradano, il Basento, il Cavone, l'Agri e il Sinni, che scendono al golfo di Taranto con un corso orientato generalmente da NW a SE; hanno regime torrentizio e alvei molto larghi e ricoperti da masse ingenti di detriti grossolani, trascinati a valle nelle piene violente e improvvise. All'Adriatico, tramite l'Ofanto, tributa l'intero settore settentrionale della Basilicata, mentre la fascia occidentale manda le sue acque al Platano e al Noce, che scendono al Tirreno.

 

Aree turistiche

Parco del Pollino

Il massiccio gruppo montuoso si trova al confine tra Basilicata e Calabria. Di aspetto dolomitico, è costituito prevalentemente da rocce calcaree, arenacee e argillose, con diffusi fenomeni carsici e culmina a 2267 m nella Serra Dolcedorme, in territorio calabrese; a questa si aggiungono altre cime come il monte Pollino (2248 m) e la Serra del Prete (2181 m). Boschi di faggi e cerri e nelle fasce più alte il pino loricato, nonché preziosi esemplari faunistici, come il lupo, la lontra e il capriolo italico sono protetti all’interno del territorio dell’omonimo Parco nazionale, istituito nel 1989. Si tratta di un’area sovraregionale di 200.000 ettari, divisi circa a metà tra la Basilicata e la Calabria.

Vulture

Il territorio del Vulture, corrispondente alla cosiddetta regione melfese, è uno dei più caratteristici della Basilicata: la plaga su cui domina il severo vulcano di età preistorica rappresenta una delle attrattive turistiche della regione, con i suoi paesini arroccati come presepi e con la bellezza del paesaggio misto di foreste selvagge, laghi e rocche. La fertile zona del Vulture ha sempre rivestito un particolare interesse antropogeografico: abitata fin dall’età preromana, ebbe il suo periodo d’oro al tempo degli Svevi, quando vi sorsero numerosi castelli. Tra i più importanti quelli di Melfi e di Lagopèsole. Da vedere, Rionero in Vulture, cittadina collinare di origine romana a sud-est del monte, oggi centro agricolo e commerciale, famosa per le numerose sorgenti d’acqua; i laghi di Monticchio, che occupano il cratere del cono eruttivo centrale del Vulture; Rapolla, antica roccaforte longobarda, dove si produce un delizioso vino e infine Melfi, città antichissima, situata su un colle vulcanico ai piedi del Vulture, dominata dalla mole del Castello e del complesso maestoso della Cattedrale Normanna.

Piana di Metaponto

Metaponto era, nell’VIII secolo a.C., una florida colonia della Magna Grecia, un grande centro commerciale, politico e culturale che dominò a lungo la zona, prima che prevalesse, più a sud, Crotone. Ancora oggi rimangono, a testimonianza del glorioso passato, numerosi resti archeologici: due megara, il tempio dedicato ad Atena, il tempio di Apollo, quello di Hera, un sacello e il tempio ionico. Una serie di scavi iniziati negli anni ’60 del Novecento, ha riportato alla luce i resti del quartiere artigianale della città dove insegnò Pitagora, con le sue fornaci, le botteghe e il teatro. L’attuale città di Metaponto, si sviluppa a sud del sito archeologico, nel mezzo di una vasta zona bonificata e trasformata, per opera dell’Ente Riforma Fondiaria del Metaponto, in un distretto agricolo in forte espansione.

 

Il turismo in regione

Regione dell'Italia peninsulare, affacciata a SE al golfo di Taranto (Mar Ionio) e a SW al golfo di Policastro (Mar Tirreno) e delimitata dalla Campania a W, dalla Puglia a N e a NE e dalla Calabria a S; i confini, in gran parte convenzionali, sono conseguenza di complesse vicende storiche

Estesa per 9992 km2, con 607.853 ab. nel 2000, era costituita in origine dalla sola provincia di Potenza; in seguito alla scissione di quest'ultima (1927) in due unità amministrative, comprende le province di Potenza, oggi capoluogo, e di Matera, suddivise in 131 comuni. Il nome, di origine greca, è indicato in un documento della metà del XII secolo e rimase quasi costantemente in vigore, a eccezione di due brevi parentesi nel 1799 e nel 1820 e del periodo tra il 1932 e il 1947, allorché fu sostituito dalla denominazione di Lucania.

 

Gastronomia

La cucina locale, assai semplice e sobria, presenta molti punti in comune con quella delle regioni limitrofe, così che, a seconda delle località, si può parlare di cucina campano-napoletana, pugliese o calabrese piuttosto che di cucina lucana propriamente detta. Come in tutte le regioni del Mezzogiorno, vi si fa larghissimo uso di verdure, spesso servite – bollite e condite con olio – come primo piatto.
Rinomata è la produzione di olive, spesso utilizzate come semplice companatico. La Basilicata ha in comune con la Puglia l'uso dei lampasciuli (o vampasciuni o muscari), con i quali si prepara anche una specie di marmellata; con la Calabria quello delle melanzane. Vi è un largo consumo anche di fave, cicerchie, lenticchie.
Tra i primi piatti prevalgono le paste asciutte, di ogni tipo e forma (recchietelle, cioè orecchiette, fusilli, strascinati, maccheroni a ferretti, ecc.), condite per lo più con saporiti ragù.
Tra i piatti di carne prevalgono quelli a base di agnello e di interiora, per lo più ovine, come i tipici gnumiriddi (o gnumirielli, o gnumireddi), involtini di frattaglie e budelline di agnello cotti al forno, allo spiedo o sulla graticola; ottime e rinomatissime le varie qualità di salsicce (la luganega o lucanica, come dice il nome, è di antica origine lucana).
Comune è l'uso del grano cotto, come piatto quasi rituale; lo si addolcisce spesso con vino cotto, zucchero, cioccolata. Gli altri dolciumi sono in genere gli stessi delle regioni limitrofe (taralli, mostaccioli, ecc.).
Tra i vini, il più noto e di gran lunga il più apprezzato è l'Aglianico del Vulture.

 

Folclore

Il termine lucano deriva dal greco lýkos (lupo), perché il lupo era l'animale totemico delle popolazioni autoctone (come l'uccello picus per i Piceni): e ancora oggi, a Oppido Lucano ai bambini viene imposto, come secondo nome, Lupo.

A un uso importato dai Longobardi si riconnette la sopravvivenza del Morgengab, o dono del mattino, consistente nella donazione di una parte dei propri beni fatta dal marito alla sposa dopo la prima notte nuziale. Interessante è pure la consuetudine molto antica e rimasta in vita fino a tempi abbastanza recenti, di comprendere nella dote della sposa, oltre gli oggetti elencati nella carta dotale, tutto l'abbigliamento e i gioielli di cui era ornata il giorno delle nozze, riassunti nella formula “la sposa come si trova”.
Nella regione, come per esempio a Tricarico, dove la tradizione vuole che gli sposi al ritorno dalla chiesa passino sotto un gelso, sussistono tracce di antichi riti come il matrimonio con gli alberi, legato alla credenza che questi trasmettessero agli uomini il proprio potere fecondativo. Altra sopravvivenza è quella della richiesta ufficiale di fidanzamento avanzata ponendo un ceppo davanti alla porta di casa della ragazza: se questa accetta, introduce il ceppo in casa, altrimenti lo fa ruzzolare in mezzo alla strada.
Tradizione antichissima tuttora seguita in paesi come Stigliano, Pietragalla, San Giorgio, Senise, Pisticci, è quella del pianto funebre. Presente la salma del defunto, prefiche o donne della famiglia rinnovano un rituale che nei suoi tratti essenziali è descritto da Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli.

Per le feste del ciclo dell'anno, il giorno di S. Antonio (17 gennaio) segna l'inizio del Carnevale, che si prolunga fino alle Ceneri. A Matera due pupazzi fatti con cenci imbottiti di paglia stanno a rappresentare, collocati a distanza sui tetti, il Carnevale e la Quaresima: il primo viene asportato il giorno delle Ceneri, l'altro la mattina di Pasqua. A Irsina invece sette pupe vestite di nero appese al balcone segnano le domeniche di Quaresima: ogni domenica ne viene tolta una fino alla Resurrezione.
Notevolissimi i riti della Settimana Santa: a Barile nel Vulture la processione dei Misteri aperta da tre centurioni a cavallo, che si snoda per 5 km con tutti i personaggi della Passione con al centro Cristo; caratteristico quello della zingara adorna di tutti i gioielli che le sono stati prestati dalle donne del paese. Analoga reliquia vivente del dramma sacro si conserva a Ferrandina: lì aveva luogo lo “scaricavascio” o “pizzicantò”, sorta di girotondo eseguito da dieci robusti giovani che ne reggevano sulle spalle altri dieci e talvolta su questi ancora altrettanti. Questo gioco non è che la discesa di una danza rituale che si troverà in Calabria col nome di "torre vivente".
Il 1º e il 2 novembre a Matera la credenza popolare vuole che i morti scendano in città dalle colline del cimitero stringendo nella mano destra un cero acceso; il 2 novembre le donne, accovacciate sulle tombe, ripetono il pianto funebre.
Molto vive sono le credenze sulla stregoneria e la magia, frequente il ricorso alle fattucchiere e alle loro pratiche.

© ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI SpA, 2005.
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